Le donne afghane negli anni 70: quello che non sapevi
Noi donne occidentali, per la maggior parte, siamo abituate a pensare al mondo orientale e soprattutto musulmano come un posto dove le donne sono relegate a mere gestanti che devono compiere il loro unico obiettivo: dare la vita, a qualcun altro s’intende. Si, perché sembra proprio che la loro vita non gli appartenga, non é gestibile e modellabile da loro, ma prestabilita dagli uomini.
Rabbrividisco solo al pensiero. Sono quasi sicura che al loro posto non sarei così forte da sopportare quel peso. In primis, il peso di quel velo sulla testa.
Eppure, sembra che il mondo musulmano femminile non sia e non sia stato tutto così. In questo periodo siamo invasi dalle immagini di quella terribile vicenda afghana e noi ci riconnettiamo nuovamente a quell’idea di restrizione.
E’ terribile tutto quello che sta succedendo e quello che provo é un senso di colpa nell’essere donna e godere di diritti che loro non possono neanche immaginare e tutto questo dettato da un fattore di mera fortuna, ossia nell’essere nata semplicemente in un posto migliore.
Ma non mi sento al sicuro.
Non sento che in quanto donna, occidentale e cattolica io possa dormire sonni tranquilli, consapevole che mai nessuno peggiorerà la mia condizione sociale, economica e privata.
Proprio non ci riesco ad abbassare la guardia. Questa sensazione parte dal fatto che se penso a cos’era Kabul negli anni ’70 e come le donne erano libere di fare quello che volevano e cosa sta succedendo oggi, non mi capacito di come la vita di una nazione e quella di generazioni di donne possa cambiare così drasticamente.
Donne Afghane: un passato insospettabile
Difatti, anche se l’Afghanistan non è mai stato un paese idilliaco ed egualitario, ha avuto tempi migliori prima del controllo dei talebani. Non tutti sanno che negli anni ’70, per esempio, il Paese asiatico era la destinazione hippie per eccellenza e che approvò perfino il suffragio femminile prima degli Stati Uniti!

Prima dell’arrivo dei talebani, le donne potevano vestirsi come volevano senza timore di essere punite o diffamate, potevano votare e potevano anche studiare nei college e nelle università.

Testimonianza di questo periodo é Mohammad Qayoumi, cresciuto a Kabul tra gli anni ’60 e ’70, che ha raccolto in una pagina Facebook tutte le sue fotografie che ritraggono l’Afghanistan libero e scrive sulla sua pagina: “Mezzo secolo fa, le donne afghane perseguivano una carriera nel campo della medicina, uomini e donne si mescolavano nei teatri e nei campus universitari di Kabul; fabbriche suburbane producevano tessuti e altri prodotti di serie. C’era una tradizione di legge e di ordine e un governo in grado di portare avanti grandi progetti infrastrutturali nazionali, come la costruzione di impianti idroelettrici e strade. La gente comune aveva un senso di speranza, la convinzione che l’educazione avrebbe potuto offrire opportunità a tutti e che si prospettava un brillante futuro. Tutto ciò è stato distrutto da tre decenni di guerra.”
Donne afghane negli anni ’40

Lo stile negli anni 50-60 a Kabul delle donne afghane

Una delle strade che attraversano l’Afghanistan

Alcuni studenti dell’Università di Kabul nel 1960

Ragazze afghane a scuola

Marcia femminile, 1980

Aula scolastica a Kabul, 1960

La stilista afghana Safia Tarzi nel suo studio di Kabul nel 1969

Safia Tarzi:la stilista che stravolse il gusto femminile a Kabul
Safia Tarzi fu una stilista innovativa nella libera Kabul e aprì la sua bottega proprio nella sua città e diventò famosa per la sua capacità di mescolare innovazione e tradizione. Riprese il caratterizzante turbante e lo adattò ad abiti tipicamente occidentali. Il gusto femminile era cambiato e già nel 1961 più di un terzo delle donne portava minigonne colorate e occhialoni. Non riuscendo ad ignorare questo flusso culturale, Tarzì fece del colore un’altra caratteristica della sua linea.

Non solo. In una Kabul che oggi fatichiamo ad immaginare, la stilista riprese il vestito tipicamente maschile del posto e lo riadattò al corpo femminile. L’abito é quindi composto dai pantaloni a sbuffo e giacca lunga, turbante e top in seta. Il tutto caratterizzato da due tinte cromatiche: il bianco e la fantasia floreale su sfondo oro.

Le donne afghane oggi
Purtroppo tutte queste immagini rappresentano un ricordo di una vita che non c’é più. Le donne in Afghanistan hanno ricominciato a indossare il burqa completo che fondamentalmente è un abito, solitamente di colore nero o blu, che copre sia la testa sia il corpo. All’altezza degli occhi può anche essere posta una retina che permette di vedere parzialmente senza scoprire gli occhi della donna.

Arianna Briganti, presidente NOVE ONLUS ripensa alla Kabul che conosce ed è certa: “Dopo vent’anni stanno peggio di prima. Ci sono ragazze che non hanno mai avuto a che fare con i talebani, sono nate dopo”. Son vietati ballo, musica, sport, risate, via la patente. Ora son senza volto, dietro un burqa, proprietà di un uomo, marito padre fratello che sia. E dovranno camminare senza far rumore, scordatevi i tacchi.”
“Ma nessun #metoo in vista, per ora.”
Nonostante il periodo difficile, ci sono comunque donne afghane che continuano a lottare per la propria libertà. Anche in letteratura ne abbiamo qualche racconto, Roberta Gately con il suo libro Le ragazze di Kabul.

La storia di una donna americana e una afghana che s’incontrano a Kabul. Tra loro nasce un’amicizia che dà forza a entrambe per fare resistenza all’oppressione talebana.
Oppure, ancora la storia-reportage La moglie Afghana di Fariba Nawa, che ci racconta tutta la verità sul moderno Afghanistan, dilaniato da sanguinose lotte, conteso tra potenze straniere e lasciato in mano agli spietati signori dell’oppio.
